DELLA PASTA FATTA IN CASA

Sto per cedere alla pasta fatta in casa. Io, amante della praticità, della “creatività saetta”, io che “se è una bella idea ma richiede troppo tempo non è un lampo di genio e allora lascia perdere”, proprio io, ho intenzione di spendere un intero pomeriggio per fare dei ravioli.
Lungi da me essere una scansafatiche (giorni uggiosi di schifo-pioggia a parte) ma piuttosto di impiegare tre ore a fare tre ravioli, mi metto a fare dieci torte diverse nello stesso tempo. Sono sempre stata così: volubile, incostante, anche se mi piace tanto la “a” mi sento di dover coniscere tutto l’alfabeto perchè altrimenti chissà cosa mi perdo. E allora se scopro di adorare la letteratura russa, ne leggo al massimo cinque opere perchè forse quella tedesca potrebbe piacermi di più. Ho amato il mio corso di laurea perchè era un gradevole (non sempre…) mix di discipline che mi ha permesso di transitare dal diritto, all’economia, alla filosofia.
Tutto si riduce ad una questione di prospettiva: la mia è quella dell’ansia controllata di perdere tempo. Se ci si aggiunge una dose media di pigrizia, ne consegue che potrei intervallare due ore di divano a tre di tutto un po’: “leggere mentre fai una torta mentre dai da mangiare al gatto metre ti programmi i post del blog mentre fai il conto di quanti soldi hai inutilemnte speso nell’ultimo mese mentre recuperi libri per la tesi”, per me è prassi.
Dunque: il tempo è poco, non perdiamoci in ciance e assaggiamo tutto quello che possiamo. Quello di approfondire è un lusso che non possiamo permetterci in questa breve vita, tanto meno ci è dato di impiegare un lunedì mattina intero alla produzione dei ravioli fatti in casa.
Eppure, non solo ho deciso di proporli sul blog, ma mi sono anche immaginata in grembiulino da cucina, con i capelli raccolti, tutta sporca di farina noncurante di tutto ciò che è estraneo a quelle pacifiche quattro mura. A momenti mi convinco che forse la vita più bella è quella: la lenta vita dell’autoproduzione, dell’aspettare i propri cari accanto al forno, del riversare il proprio amore nel cibo che nasce, lievita e muore a tavola.
Ma è proprio mentre ho quest’immagine al Dickens in testa che mi viene voglia di fare altre cento cose e di pensarne altre mille. E allora so che dovrò cercare di rilassarmi mentre tiro la pasta, di non pensare al giorno dopo e alla tesi, e che lavoro troverò, a dove abiterò… altrimenti viene fuori una schifezza e allora si che mi sentirò in colpa per aver sprecato tutto quel tempo.

Ecco il frutto del mio dilemma interiore: i ravioli fatti in casa.

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