A quasi metà percorso la nostra sfida si concretizza in una cena di compleanno al ristorante.
Giulia ed io, sedute vicine vicine, siamo subito entrate in “modalità Gianni e Pinotto”: per noi no, niente verdure pastellate; prendiamo la pizza?; facciamo a metà?; ci ordiniamo il vino visto che non mangiamo il dolce? E così via.
Ma la frase più gettonata è stata proprio questa: “No grazie, per noi no”.
Io sono ormai avvezza a rifiutare tutti i vassoi che mi passano davanti in un pazzo crocevia di frittini ed affettati.
Ma lei?
Me ne sto lì, seduta a tavola con vicini sconosciuti e persone che vedo una volta l’anno – per davvero, non è un eufemismo, incontro ogni anno da quattro anni al compleanno della mia amica Giovanna – e a fianco lei: la mia amica vegana per un mese.
Giulia per me è sempre stata una sicurezza, un decodificatore di sguardi criptati a cui lanciare s.o.s che vengono immediatamente letti ed operativizzati. Ma quella sera non c’è stato bisogno di chiamare la cavalleria a raccolta: Giulia si era, dal principio, fusa con me in un muro elastico per rimbalzare il peggior nemico del vegano: l’inquisitore da tavola.
A volte c’è, a volte non c’è ma è sempre pronto a sgusciar fuori da sotto la tovaglia: non ha sempre cattive intenzioni ma, pace all’anima sua, continua a non capire che quando si è tavola dovrebbero tutti poter mangiare sereni senza dover intavolare – mai verbo fu più appropriato – discorsi su quella scelta personalissima che è quella alimentare.
Non vi nascondo che ero un po’ preoccupata per lei, perchè avrebbe dovuto rinunciare a molte portate succulente, sopportare il peso delle domande, a volte indigeste, e soprattutto fare spallucce ai consigli non richiesti di chi magari non sa che la pasta della pizza non ha l’uovo: “Ma dai?? Davvero??”, ma ti consiglia di abbandonare l’alimentazione vegana, che fa male.
Ma mi ero dimenticata di una cosa: le diete. Le “assurde diete” che ha inanellato negli anni, che l’anno esposta alle critiche più feroci, agli amici che si tramutano magicamente in nutrizionisti, ai conoscenti che diventano improvvisamente mamme preoccupate, ai camerieri che inorridiscono alla richiesta della caffè shekerato con il dolcificante.
Ecco: lei è un cartepillar per i ficcanaso da tavola, un rullo compressore per gli inopportuni inquisitori alimentari. E io gongolavo, gongolavo da morire. Perchè se il suo appoggio incondizionato l’ho sempre avuto, sedute al ristorante eravamo come i gemelli di Alice nel paese delle meraviglie: un unisono di sorrisi pazienti e di “No grazie, per noi no” ed è stata un’emozione mai provata ed estremamente confortante.
E le sigarette?
Dopo che mi è stata sottoposta la domanda: “Ma perchè non torni vegetariana senza più fumare?”, aver risporto: “No ma io sto bene vegana” ed aver ricevuto come contro-risposta uno sguardo che diceva: “Seh, sarà…” me ne sarei fumata un pacchetto.
Invece sono stata impeccabile: sorrisi, nessun rancore, nessuna sigaretta.
Ma, ve lo confesso, non potevo fare a meno di pensare che se me ne fossi uscita con frasi del tipo: “Ma perchè non smetti di mangiare carne ed anche di fumare?”; “Perchè non molli l’università, che tanto il tuo corso è inutile, e vai a lavorare?” oppure: “Ma perchè non lasci tua morosa e ti metti con sua sorella?”, avrei ricevuto risposte meno carice di aplombe.
Ma abbiamo le spalle larghe noi, accumunate da una certezza che pochi altri hanno: anche quello che mangio fa parte del “pacchetto privaci” e quindi le regole della convivenza comune non vanno disattese.
Insomma: almeno a tavola, almeno se mi conosci poco, almeno se siamo in una situazione di frivola festosità: “Sono solo fatti miei” come diceva il buon caro vecchio Raz Degan.