DEI SANTI VEGANI, DI PAOLA MAUGERI E DELLE CONFESSIONI DA BAR

Un cinguettio proveniente dal mio smartphone mi spinge ad avventurarmi (per la cinquecentesima volta nell’arco della giornata, specifico) nella fitta foresta dei social. Entro su Twitter, verifico un paio di nuovi follower e mi ritrovo a leggere un tweet di Paola Maugeri che mi ha molto colpita, ve lo riporto alla lettera:

“Quando, su questa mia pagina, vedo persone che mangiano prodotti di origine animale aggrediti da vegani e vegetariani mi dispiaccio profondamente. Quando vedo che si scrivono messaggi violenti tesi a delegittimare, capisco che c’è ancora molto da fare per imparare a rispettare i tempi altrui , per imparare a lasciare che ognuno segua i propri ritmi per prendere decisioni che riguardano grandi cambiamenti nella propria vita. Mangiare con consapevolezza è un enorme cambiamento nella vita di un individuo ma non è certo aggredendolo o sottolineando quanto sbagliato sia il suo modo di mangiare che otterremo il cambiamento desiderato. Ognuno fa con quel che sa. Io non sono il leader di nessun movimento e non ho aderito a nessuna religione. Questa pagina parla del mio modo di vivere vegan, se vi sta bene seguitela, altrimenti non cliccate “mi piace”. ogni mia scelta è presa con criterio e con responsabilità. Il mondo non diventerà mai tutto vegan ( anche se è ciò che ci auguriamo ) ma imparare a mangiare con coscienza è il primo passo per salvare la vita a milioni di animali straziati. Dobbiamo solo , noi che ci crediamo, fornire un esempio per noi corretto. Tutto il resto è opinabile. il mondo non è soltanto bianco o nero, c’è anche il grigio, sfumatura dalla grande ricchezza. Se condividete questo criterio siete i benvenuti altrimenti va bene uguale.Buona serata.”

Come il guru della “vita ad impatto zero”, anche io condivido l’atteggiamento propositivo: voglio dimostrare il “si può” prima del “si deve”; far capire che “è buono” prima che “necessario”; desidero accogliere la curiosità (a volte anche incoerente, contradittoria, modaiola…) verso il mondo vegano senza respingere i tentativi di avvicinamento di chi non la pensa esattamente come me. Cerco di evidenziare il lato “felice” dell’essere vegani: la bellezza del magiare vario, buono, colorato, le potenzialità dello sperimentare in cucina, la semplicità del mangiare cruelty-free e la certezza di mangiare a cuor leggero. Credo che questa possa essere una chiave efficace  per stimolare, soprattutto la curiosità, che è il primo passo verso un qualsiasi cambiamento che non sia obbligato: perchè mai una persona dovrebbe decidersi ad avvicinarsi ad una cultura “ostile” che la dipinge come una figura assassina e menefreghista verso la vita?

Questo mio pormi, molto ghandiano, non contraddice la sentita ammirazione che provo verso chi organizza e partecipa a manifestazioni di sensibilizzazione al mondo vegano e di protesta contro gli abusi sugli animali: questa è l’altra faccia della medaglia, quella che non agisce in sordina,  importantissima e molto efficace se gestita in modo “non-offensivo” (nel senso non denigratorio verso chi, magari, agli animali nei circhi, non ci ha mai pensato).
Quindi pace e amore sì, ma a volte anche con il megafono!

Troppo spesso, il nostro, è dipinto come un mondo di diavoli e di santi, ma io non sono nessuno dei due. Mi trovo sovente a riflettere sul fatto che, in fin dei conti, io non sono nata vegana e nemmeno vegetariana, mangiavo carne e pesce e di certo non ero Hannibal Lecter. Un caso fortuito della vita mi ha portata a rivedere anni di abitudini alimentari ma, se così non fosse stato, sarei forse ancora onnivora? Può darsi. E allora vorrei che ci dessimo la possibilità di conoscere tutti i possibili vegani, vegetariani, vegetariani occasionali, i “nonmangiocarnemapercesì” i “noncomprouovainbatteria”, i “mirifiutodimangiareangelloecavallo” per scoprire se ci può essere qualcosa di più, per esplorare tutte le sfumature di grigio possibili con la triste consapevolezza che non vedremo mai un mondo tutto vegano con i nostri occhi, ma che ogni contributo è importante.

Anche il grigio però ha il suo perchè, non è del tutto triste: sono felice di vedere che agli amici piace la mia torta vegana, che mi difendano con chi dice che sono “strana”, che mi propongano di andare a mangiare in un agriturismo vegano. Sono ancora più contenta se anche mia mamma, superati i 50 anni, si definisce ufficialmente vegetariana (si!).

Non mi ritengo migliore perchè vegana, ma so di essere più consapevole di prima, forse meno pigra di altri, forse più coraggiosa, o forse no. Di certo non sono una santa, salvatrice del mondo con il diritto di puntare il dito contro chi, forse, non ha ancora questa consapevolezza, o magari non l’avrà mai.

Dalla pagina fb del mio blog, commenti al mio articolo “Appuntamento con l’onnivoro”:

Daniela: “Detesto chi fa proselitismi, ognuno deve esser libero di seguire la propria coscienza, e certo è che se da veg devo pure scegliermi lo spasimante esclusivamente veg allora stò fresca, faccio prima a darmi al zitellaggio!”.
Marinella:
“Sono veg…in una famiglia di onnivori sensibili e intelligenti. ..mangiano molto meno la carne. ..e assaggiano ciò che io cucino per me…. essere Vegani. . Vegetariani. … non garantisce intelligenza. ..e tolleranza. ..”.
Vegan cucina felice:
“Verissimo Marinella , io da vegana mal sopporto i veg * che si ergono a salvatori del mondo, denigrando chi non ha compiuto (ancora?) la loro stessa scelta. Ho potuto constatare che spesso è l’ “esempio positivo” a far aprire le persone al mondo veg*, non l’attacco!”.

Concludendo questo lungo sproloquio tra me e me e, se mi avete ascoltata, anche fra noi, ho discusso di recente, in bar, con un amico, della vita ad impatto zero. Quando ho affermato che sì, può essere complesso, che non è sempre possibile pensare a tutto e che a volte ad alcune cose bisogna rinunciare se non si hanno risorse di tempo e denaro sufficienti, il suo viso si è illuminato. Come se avesse visto l’aureola alle mie spalle spegnersi per vedermi discendere nel mondo dei comuni mortali, mi ha “dato il pugno da fratelli” dicendo: “ti stimo”. Mi sono allora chiesta che immagine avesse di me.

Per noi vegani, ammettere di essere imperfetti è (oltre che l’assoluta verità), un buon modo per incamminarsi lungo l’impervia strada del perfezionamento. Che poi “perfezionamento” è una parola che mi disturba, è asetticamente irreale, diciamo pure “miglioramento”, che ci rappresenta meglio.

 

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