DELLA RAGAZZA STRAMBA DELLA BIBLIOTECA (del latte di soia parte III)

Chi mi conosce già lo sa: a me non piace il caffè liscio, soprattutto se si tratta di quello che trovi alle famose “macchinette del caffè”. Il liquido marrone scuro che sgorga da quella macchina infernale è inquietantemente scuro e caldo ed inoltre, per togliere quell’amaro che ti lega la bocca, dovrei scegliere la modalità “zucchero al massimo” ma, come capirete, non ho nessuna voglia di trasformarmi in un piccolo buddah, medito bene anche da normopeso.
Nonostante ciò, solitamente giungo in biblioteca alle tre del pomeriggio, spesso direttamente dall’universita e ho proprio bisogno di quel dannato caffè. L’unica cosa che me lo fa bere più volentieri è il latte, anzi, i suoi surrogati vegetali: andrebbero bene il latte di soia, il latte di riso, quello di mandorla, di cocco….insomma, estraetelo da dove vi pare ma io voglio del latte vegetale nel mio caffè delle macchinette!
Ovviamente è impossibile. Bene, che fare? Le prime volte ho detto: “Ok, rinuncio, lo butto giù come se fosse una medicina”, poi ho avuto un’idea che mi era sembrata geniale: il thermos!! Peccato che è pesante, occupa un sacco di spazio nella borsa, lo devi lavare tutte le sere, devi perdere tempo a prepararti il caffe latte a casa, e da ultimo, ma non meno importante: c’è il grande rischio che ti si apra nella borsa e fidatevi, non è piacevole.
Cosa ho deciso di fare dunque? Fino a qualche settimana fa facevo la mia entrata trionfante nell’androne della biblioteca con un bicchiere di plastica in mano riempito per un quinto dal mio latte di soia. La ragazza stramba della biblioteca, che poi sarei io, camminava con questo bicchiere riempito di non so cosa, lo appoggiava sul tavolo della sala studio, usciva, si prendeva il caffè liscio alle macchinette, rientrava, e ci versava dentro quel liquido bianco. Forse è allergica al latte in polvere? Forse è scema e non si è resa conto che si può prendere il caffè con il latte direttamente al distributore? Magari è schizzinosa e nel caffè ci vuole il latte freddo? No, sono vegana, e volgio un caffè latte.
Ora, non tanto per sembrare meno stramba, ma più che altro per comodità, invece del bicchiere,utilizzo un piccolo porta-salsa di plastica che si chiude ermeticamente e quindi può stare in borsa. Ho avuto questa seconda genialissima idea mangiando degli spaghetti di soia alle verdure surgelati accompagnati dalla salsa agrodolce, contenuta, appunto, in questo affarino di plastica che ha contribuito a salvaguardare la mia vita sociale, almeno quella che si espleta nella convivenza superficiale.
Certamente mi piacerebbe avere un comodo macchiato direttamente dal distributore come tutti ma, come si dice, a mali estremi: estremi rimedi. Da vegani a volte si vive un po’di espedienti e, da un certo lato, è bello che sia così: si è pionieri di qualcosa, di un nuovo movimento che, come tutti nella storia, all’inizio è un po’avversato. Forse quando un giorno tutti i distributori automatici si saranno adeguati alle esigenze dei vegan e quindi soprattutto a quelle del mondo animale, racconterò di come riuscivo comunque ad avere il mio caffè latte anche quando non era possibile e miei nipoti rideranno della loro nonna stramba.

2 risposte a “DELLA RAGAZZA STRAMBA DELLA BIBLIOTECA (del latte di soia parte III)”

  1. Ingegnosa quest’idea del caffe’ latte vegano fuori! Li’ dove lavoro c’e’ un ottima macchina da caffe ma servono solo del latte vaccino che, dopo un anno e mezzo di veganesimo, non mi va piu’ giu’! Domani ci provo anch’io, anche perche’ ne ho disperatamente bisogno se inizio a lavorare presto…

    1. Purtroppo è l’unica soluzione che ho trovato che non sia prepararsi un buon caffè latte a casa e metterlo nel thermos… ma chi ha voglia di farlo tutte le mattine?? 😀

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